natura umana e social

Natura umana e social | Libri da #gruppodilettura

Ho letto da poco quattro romanzi che mi piacerebbe legare da un filo rosso chiamato Natura umana e social (in fondo al post c’è il video yt).

Siamo nella sfera dei romanzi per adulti stavolta.

Immaginiamoci una stradina.
Una stradina con un acciottolato, con dei muri a costeggiarla.

Siamo abituati a percorrere da sempre quella stradina, con il nostro carico, la nostra andatura, il nostro passo, il nostro dialogo interiore.

Il rumore dei passi è sempre quello, talvolta cambia l’umore, altre volte decidiamo di avere sguardo curioso, ma l’abitudine fa il resto.

E ora immaginiamoci che un giorno un’apertura sfondi uno dei muri che affianca la nostra stradina.

Improvvisamente abbiamo la possibilità non solo di esplorare una novità nel nostro percorso quotidiano.

Ma in quello spazio nuovo di possibilità che ci sono state date, le nostre abitudini, il nostro modo di essere, i nostri passi risuonano in modo diverso.

Uso questa metafora per parlare di Natura umana e social proprio per indicare lo spazio nuovo che si aggiunge alla vita umana grazie allo spazio online  che i social creano.

Uno spazio non fisico, ma nel quale portiamo noi stessi e tutto l’universo non tangibile che ci contraddistingue.

Quindi i pensieri, le intenzioni, le fragilità, i bisogni, i vuoti, i desideri, i progetti.

Metto su questo ipotetico scaffale quattro romanzi che affrontano in quattro modi diversi il tema di Natura umana e social.

Questo post è stato rimosso, Hanna Bervoets, Mondadori

Un romanzo breve in cui la protagonista Kayleigh si trova a lavorare per una nota piattaforma social.
Il suo compito, del quale non deve parlare a nessuno, consiste nel valutare i contenuti offensivi o che in qualche modo violino determinate linee guida.

E’ un lavoro terribile, che esiste davvero, che mette pesantemente a rischio la salute mentale di chi lo svolge.

Esiste un documentario del 2019, The Cleaners, quello che i social non dicono.

Il romanzo non è un’indagine sul lavoro dei moderatori che devono guardare (e valutare) le cose più terribili caricate quotidianamente sui social.

Sebbene ci venga aperta una finestra inquietante e disturbante.
Innanzitutto perché leggendo si prende consapevolezza di quanto vasta sia quella strada che il mondo social ha spalancato.

E di quante ombre abbia.

Ma al netto di questo è terribile prendere consapevolezza di come questo lavoro comporti che quotidianamente la sensibilità umana venga violentata.

Al punto da essere deformata.

sapevo ciò che facevo e me la cavavo piuttosto bene. ricordo ancora tutte le regole e ogni tanto mi capita di applicarle, è un processo automatico, deformazione professionale, lo faccio con le serie tv, i video o nella vita quotidiana, con ciò che accade intorno a me: la signora che viene sbalzata dalla carrozzina elettrica può finire online? no, se c’èm del sangue.
Sì, se la situazione è chiaramente comica.
No, se si può parlare di sadismo.
Sì, se quanto mostrato ha valore educativo, e infatti, bingo, certo che ha un valore educativo, quella rampa per il parcheggio davanti al museo è un bel problema…

Ancora più inquietante è leggere, grazie al racconto scarno, cinico, in prima persona fatto da Kayleigh a un ipotetico psicoterapeuta, dei meccanismi da catena di montaggio del lavoro.

Meccanismi spersonalizzanti sia nella valutazione di ciò che i lavoratori vedono, sia nei confronti degli stessi lavoratori che vengono a loro volta valutati per le loro prestazioni.

Eppure sono persone.

So che parecchi dei miei ex colleghi scappano non appena qualcuno si mette in fila dietro di loro al supermercato, che di giorno restano a letto finchè non scende il buio e poi restano svegli finché non sorge il sole; troppo stanchi per cominciare un nuovo lavoro, vedono costantemente cose di cui nemmeno io parlo volentieri, e parte di questi disturbi non mi è del tutto estranea, purtroppo.

E la spersonalizzazione passa anche dal dialogo con i colleghi.
Kayleigh, al momento della narrazione, non lavora più per la società, ma racconta cosa la abbia portata al momento presente.

E racconta episodi avvenuti sul lavoro, come ad esempio quando lei e colleghi conversano e si confrontano come si fa in qualunque ufficio a proposito delle decisioni da prendere.

Con lo stesso tono con cui parlerebbero di come impaginare le slide di una presentazione, discutono di come valutare un video in cui un ragazzo gioca con dei cadaveri di gattini (nel video non si vede nessuna uccisione, quindi non andrebbe segnalato).

Questo contesto fa da sfondo alla vicenda personale di Kayleigh.
Si comprende da sprazzi di narrazione come alla donna manchino molti punti di fermi.

Sembra però trovarne uno in Sigrid, una collega più grande di lei con la quale instaura una profonda relazione affettiva.

Ecco che però qualcosa succede nel suo ambiente di lavoro e parallelamente qualcosa accade anche in Kayleigh

Qui ci sono SPOILER!

Mentre un collega di Kayleigh inizia sempre più ad abbracciare le teorie complottiste (inizia con lo sposare le teorie dei tarrapiattisti per arrivare a comprendere le ragioni per cui si nega l’Olocausto), Sigrid inizia sempre più a seguire un modello di vita salutare.

Potrebbe sembrare una matura costruzione di uno spazio sano nella vita privata, a compensazione della tossicità vissuta sul lavoro.
Ma questo salutismo si fa sempre più estremo, finché anche Sigrid sembra sposare le teorie complottiste.

Kayleigh vive tutto ciò come un tradimento.

Rimane sgomenta davanti alla persona che ha amato, che ha sempre reputato intelligente, lucida ed efficiente credere d’improvviso a fatti non credibili.

Che è successo? Come è possibile che a forza di valutare video orribili, si finisca per percepire reale ciò che è irreale?

Ma la narrazione che leggiamo, è quella di Kayleigh.
E di conseguenza non è oggettiva.
Dalla restituzione di alcuni dialoghi e in alcune crepe ce si aprono nella sua stessa narrazione, possiamo intuire che nella stessa Kayleigh ci sono grossi problemi di percezione.

Un romanzo in cui la declinazione di Natura umana e social vira verso il mutamento che la mente umana, la sua consapevolezza, la capacità di valutare e quindi di stare al mondo mutano pericolosamente.

Questo post è stato rimosso,
Hanna Bervoets,
traduzione di Francesco Panzeri
Mondadori

Fake accounts, Laureen Oyler, Bompiani

In questo romanzo abbiamo un punto di contatto con il precedente.

Protagonista è una giovane donna che lavora nella comunicazione e con i social.
Ha una relazione con Felix. Relazione che vorrebbe finire ma ancora non trova il coraggio.

La donna pensa che in alcuni comportamenti di Felix ci siano dei non detti nei quali si nascondono possibili tradimenti.
Così una notte decide di aprire di nascosto l’account instagram di Felix.

Scopre così che l’uomo gestisce un noto account di teorie complottiste.

Mai avrebbe pensato che la persona che per mesi ha frequentato avesse opinioni complottiste (ma poi le ha davvero? O è necessità di essere visti, indipendentemente da cosa).

Da questo episodio la donna racconta a ritroso la sua storia, cosa l’abbia spinta a conoscere e a voler frequentare Felix.

In fondo è umana la tendenza a immergersi in ciò che inquieta e spaventa.

Devo ammettere che non ho terminato questo romanzo.
Benchè intrigante nell’argomento, l’ho trovato molto lento nella scrittura.

Mi ha interessato però leggere alcune parti sul complottismo, tema che la nostra attualità ha portato maggiormente al centro della ribalta.

Ed è interessante riflettere, come in per Questo post è stato rimosso, sullo scarto tra percezione, credenze e realtà.

Fake Accounts,
Laura Oyler
traduzione di Marta Barone
Bompiani

natura umana e social

Il profilo dell’altra, Irene Graziosi, E/O Edizioni

Anche questo romanzo, come gli altri due, è assolutamente figlio dei nostri tempi.

E’ una tipologia di letteratura che non esisterebbe se su quella strada da noi percorsa non si fosse aperta la strada dei social.

In Il profilo dell’altra ci si focalizza su un altro tipo di contenuto, su un altro tipo di vuoti.

Maia è una ragazza che, un po’ come le altre protagoniste dei romanzi su Natura e social, non ha una radicata consapevolezza di sé.

Passa le sue giornate sul divano a guardare serie tv e a mangiare orsetti gommosi mentre il suo fidanzato avanza di carriera.

Un giorno, una sua vecchia conoscenza, le passa un contatto di lavoro.
E Maia si ritrova a scrivere i contenuti social per una nota giovane influencer.

Il vuoto esistenziale di Maia (mancanza di prospettive, apatia, senso di colpa per un particolare episodio del passato) si riflette in un sedicente vuoto molto particolare.

La giovane influencer Gloria sposa le cause che è giusto sposare.
Mostra l’autostima, il valore di sé la cura per sé che è giusto avere.
E’ come se Gloria, il cui lavoro è influenzare i follower attraverso una narrazione naturale e spontanea, fosse un vaso vuoto da riempire con ciò che è giusto mostrare, con ciò che i seguaci vogliono vedere.

Come negli altri due romanzi, attorno ad un tema di attualità (i vari aspetti dei social, in questo caso il fenomeno influencer), si fonde con vicende personali.

La relazione che si instaura tra Maia e Gloria è ambigua, tossica, ciascuna porta nel rapporto quel vuoto.
Sebbene quello di Gloria sia un vuoto impalpabile.

Quella stessa impalpabilità di cui sono fatte le immagini che ogni giorno vediamo.

Il profilo dell’altra
Irene Graziosi
E/O

tutto per i bambini di delphine de vigan

Tutto per i bambini, Delphine De Vigan, Einaudi

Dei quattro romanzi su Natura umana e social fin qui proposti, questo è il romanzo al quale ho dedicato più energie e spazio.

Dal primo momento in cui l’ho letto non ho smesso di consigliarlo.
Ho scritto un post su questo blog, qui.

Nell’articolo trovate in calce anche i riferimenti alle diretta instagram fatte con l’Avvocato Stefania Quintajè, la dott.ssa Serena Neri e la pedagogista Annalisa Falcone.

E dei quattro è quello più universale.

Innanzitutto è quello più letterario: la scrittura e il meccanismo narrativo sono magistrali (De Vigan è una grande autrice contemporanea).

Lo studio che soggiace a un romanzo che che è costruito come un bellissimo giallo, non ha molto da invidiare a un saggio nel quale si mettono in fila fatti storici, sociali e di cultura popolare che hanno portato anche a determinati esiti di attualità.

Infine, è un romanzo che consiglierei a tutti, indistintamente.

Perché grazie al suo profilo letterario e culturale, è un romanzo che potrei consigliare anche a lettori  non necessariamente giovani.

Lettori come mia madre o mio padre, boomer che non masticano nulla del mondo social, possono leggere, capire e cogliere in profondità ciò di cui si parla in Tutto per i bambini.

La stessa cosa temo accadrebbe con più difficoltà con gli altri tre romanzi.

In Tutto per i bambini abbiamo una madre diventata famosa su youtube grazie alla condivisione costante dei suoi bambini che giocano, mangiano, spacchettano i regali delle sponsorizzazioni che vengono lautamente pagate.

Dietro la facciata di semplice condivisione di una normale famiglia si celano i bisogno di approvazione, la necessità di mostrare per essere visti.

Il pensiero che i social (quella strada che improvvisamente si è aperta permettendoci di abbandonare la nostra stradina) ci abbiano dato quel riscatto che meritavamo.

Tutto per i bambini
Delphine de Vigan
traduzione di Margherita Botto
Einaudi

E’ tutta questione di percezione.

Di come vogliamo essere percepiti.
Come gli altri ci percepiscono.
E come, a un certo punto, iniziamo a percepire noi stessi.

Perché su quella nuova strada i nostri passi hanno suoni e consistenze diversi.

Il rischio di rimanere interdetti e di mancare in una corretta percezione, laddove privi o carenti di una radicata consapevolezza, può creare conseguenza inaspettate.

Non nascondo che mi piacerebbe condividere queste impressioni, amplificarle, confutarle, arricchirle grazie a un gruppo di lettura.

Mi piacerebbe tenere un gruppo di lettura con questi quattro romanzi che parlano di Natura umana e social.

E chissà che non accadrà…

 

 

 

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