Lettera al Re di Tonke Dragt

 

Ho finito proprio ieri Lettera al Re di Tonke Dragt, che in Italia è apparso nel 2007 grazie alla casa editrice Donzelli, con traduzione di David Santoro.

Mi è stato presentato come un romanzo che avrà tantissimo seguito grazie all’omonima serie Netflix, che infatti ha dato le sue sembianze alla nuova copertina del libro.

Se c’è una cosa che mi allontana dai libri, è quando c’è il marchio di Netflix, o il richiamo a qualsivoglia adattamento televisivo/cinematografico.

Quindi non avevo nessuna intenzione di leggerlo: il fatto che Netflix tragga una serie da un libro, non sempre è garanzia di qualtià di quest’ultimo.

Lettera al re mi di Tonke Dragt mi ha incuriosito quando ho saputo che in Olanda è un acclamato romanzo del 1963, eletto nel 2003 il miglior libro degli ultimi cinquant’anni.

E allora ho deciso di dargli una possibilità.
A buona ragione, direi.

La sua vicenda editoriale è curiosa.
Il romanzo vede la luce nel 1963 in Olanda, e lo stesso anno ottiene il premio come miglior libro.
Per 40 anni viene tradotto in almeno 15 lingue.
In Italia arriva nel 2007 grazie a Donzelli, mentre in Inghilterra arriva solo nel 2013.
E nel frattempo, come detto poco fa, conquista anche il Premio dei Premi come miglior libro della seconda metà del ‘900.

Ma di cosa parla Lettera al Re di Tonke Dragt?

Lettera al Re di Tonke Dragt non è un romanzo fantasy.
E’ un romanzo cavalleresco che si inserisce  nel solco della tradizione letteraria cavalleresca. Affonda le sue radici nella storia della letteratura, là fino ai racconti delle gesta dei paladini di Carlo Magno del Ciclo Carolingio.

Certo, non è un poema, ma molti valori e tematiche sono mutuate da quel mondo: il valore, la cavalleria, i cavalieri erranti, l’onore, la libertà e la devozione.

E anche in Lettera al Re di Tonke Dragt non manca la quéte: la ricerca che ti spinge a viaggiare e a incontrare avventure.
Che nel caso di questo romanzo è la missione contenuta già nel titolo: consegnare al Re una preziosa missiva.

Credo sia un ottimo romanzo da fare leggere al liceo, quando nel programma di studi affronterete i poemi medievali cavallereschi, a partire dalla Chanson de Roland.

La trama è semplice e lineare, in questo senso non particolarmente originale.
Ma quando si legge un libro bisogna tenere conto del genere, del contesto, dell’epoca in cui è stato scritto.

Tiuri è un giovane scudiero che sta trascorrendo la notte in una Cappella dove mediterà sino al mattino seguente, quando verrà finalmente nominato Cavaliere del Regno di Dagonaut.

Ma il destino ha per lui altre strade: un vecchio bussa alla porta implorando aiuto e, a dispetto delle regole per cui un uomo prossimo all’investitura non deve lasciaris distrarre, Tiuri accetta di aiutarlo.

Il suo compito è quello di allontanarsi quanto basta per consegnare una preziosissima lettera al Cavaliere Nero dallo Scudo Bianco.
Il vecchio promette a Tiuri che potrà essere di ritorno per l’alba.
Ma ovviamente le cose non vanno così.
Mentre Tiuri veglia gli ultimi istanti di vita del Cavaliere Nero dallo Scudo Bianco, attirato in trappola e assassinato, questi affida a lui la vitale missione: Tiuri dovrà arrivare fino al regno di Unauwen e consegnare personalmente la lettera al re.
Ne andrà delle sorti di tutti i regni.

lettera al re tonke dragt
Fonte: https://www.pde.it/2020/04/14/cera-una-volta-lettera-al-re-di-tonke-dragt/

E così Tiuri fa.
Dando la sua parola di cavaliere (perché Tiuri è Cavaliere nell’animo) per cui farà qualunque cosa per onorare la sua promessa.
Non ha un cavallo, non ha armi, non possiede nulla se non il suo onore e le buone intenzioni.

Ma Tiuri è pieno di risorse e per quanto la sua missione sia solitaria (una vera quéte), il ragazzo non è solo.
Oltre agli ostacoli troverà amici, persone e cavalieri disposti a credergli e ad aiutarlo, pur senza mai sapere quale sia il segreto che Tiuri porta con sé e che svelerà solo al Re.

Re, Cavalieri, giullari, spie, assassini, ribelli, esattori, eremiti.
Tanti personaggi, tante avventure, tanti paesaggi da favola che hanno il pregio di attirare il lettore nel mondo di Lettera al Re.

Perché non è un fantasy?
Semplicemente perché non c’è magia.
Ci sono avventure, intrighi, grandi gesta e mistero.

L’ambientazione di Lettera al Re di Tonke Dragt ci è famigliare, perché la sua struttura narrativa, con le ovvie varianti, l’abbiamo incontrata per secoli.

Se dovessi creare uno scaffale ideale, metterei Lettera al Re insieme ai Romanzi di Chretien de Troyes, all’Orlando Furioso, alla Gerusalemme Liberata, al Cantare del Cid.
E poi via fino ai giorni nostri, dove viaggi, missioni, intrighi e regni li troviamo, in chiave fantasy, nel Signore degli Anelli oppure (con più violenza) nella Saga del Trono di Spade.
Aggiungerei anche Il Cavaliere inesistente di Calvino.

Una linea narrativa che sa di avventura e gesta impavide ma, se letto con altri occhi, che sa di formazione, di viaggio inteso come ricerca di senso nel mondo e in se stessi.

Altro motivo per cui trovo che Lettera al Re di Tonke Dragt sia una buona proposta da fare ai ragazzi del liceo.

Che poi, volendo, potrebbero guardare la serie Netflix e stabilire le differenze, sottolineando così le loro preferenze.

Io promuovo il libro a pieni voti.
Non farò la stessa cosa per la serie.
E vi spiego perché.

La copertina originale della prima edizione italiana di Donzelli. Molto più bella!

Lettera al Re di Tonke Dragt: dal libro alla serie

Una premessa: quando di crea un legame tra un libro e una serie (o un film) bisogna imparare a leggere tra le righe.

Ispirarsi vuol dire prendere in prestito alcune caratteristiche della storia originale, senza per questo essere obbligati a seguirla fedelmente.

Ed è questo il caso della serie.
Ecco in cosa differisce principalmente rispetto al libro:

  • Il protagonista e le sue radici.
    Nel libro Tiuri è figlio di un cavaliere e lui sta per essere  a sua volta nominato Cavaliere: si è distinto per competenza e per fedeltà.
    Nella serie Tiuri è un sopravvisuto proveniente dal regno di Eviellan, adotatto da un soldato di Dagonaut. E’ lontano dall’essere un cavaliere, ed è messo male in arnese, spesso preso in giro dai coetanei.
  • Il genere fantasy.
    Il libro non è un fantasy. La serie sì: nelle puntate non mancano le magie, usate a fin di bene o a fin di male. Nel libro successi e sconfitte sono perseguiti unicamente attraverso le risorse dell’individuo…e con un pizzico di fortuna!
  • Le presenze femminili.
    Lettera al Re è un romanzo scritto nel 1963 (ha quasi 60 anni!) e che vuole essere filologico rispetto all’immaginario cavalleresco di riferimento. L’unico personaggio femminile degno di nota è Lavinia, la figlia del Re di Mistrinaut, che nottetempo offre il suo aiuto a Tiuri. Compare per poco, all’inizio e alla fine del libro, anche se si intuisce che questa figura avrà un ruolo nel futuro di Tiuri.
    Nella serie Lavinia è coprotagonista di Tiuri ed è una donna combattente (e quando mai!). Compare inoltre un’altra figura femminile, una combattente di origine orientale, spietata e forte più degli uomini.
  • La ricerca in solitaria.
    Come già ricordato, Tiuri trova grandi aiuti (e amici) lungo la sua strada. Ma la missione di consegnare la lettera al re, è soltanto sua. E’ un fardello che non condivide con nessuno. O quasi: perché dalla metà del romanzo, Tiuri trova una guida in Piack, un ragazzino che lo aiuta ad attraversare i monti. Tra i due si crea un vero e profondo rapporto di amicizia, tanto che arriveranno insieme a Unauwen, e Tiuri confiderà solo a lui la reale portata del suo viaggio.
    Nella serie vediamo che la missione viene portata a compimento da una rinnovata “compagnia dell’anello”: viene snaturata la ricerca del singolo per valorizzare l’unione che fa la forza.

Per tutti questi motivi, non intendo approfondire più di tanto la serie.
Probabilmente, se vista senza conoscere il libro, può risultare piacevole e originale.

Ma avendo letto il libro, non posso fare a meno di pensare che i cambiamenti occorsi siano una sorta di atteggiamento “politically correct” utilizzato per far sì che il pubblico riconosca dei messaggi.

E magari ci si riconosca.

Quando accadono queste cose mi domando: ma perché stravolgere così un’opera che non prevedeva in origine questi significati?
Perché non crearne un’altra, originale, se davvero si desidera veicolare dei temi e dei messaggi?

Però bisogna ricordare che Lettera al Re (la serie) è ispirata al romanzo, e l’ispirazione non richiede obblighi, lascia libertà.

Io resto una purista.
Se ho letto un libro, desidero ritrovare gli elementi che me lo hanno fatto apprezzare.

Se volete conoscere meglio le vicissitudini di romanzo, serie, film (sì, esiste anche un film girato in Olanda) e autrice, vi consiglio questo articolo di approfondimento.

Se volete vedere il trailer della serie, eccolo qui.

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