Quando la luna ero io di Luigi Garlando

Quando la luna ero io di Luigi Garlando, Solferino

Quando la luna ero io di Luigi Garlando è un gran bel libro che, come la maggior parte di quelli che vi propongo, ha un doppio livello di lettura.

Ma questo ve lo racconto dopo.

Quando la luna ero io di Luigi Garlando racconta l’estate di Libera e dei suoi amici che, sotto la guida della nonna Rebecca, seguono passo passo il passo più importante.
Il passo del primo uomo sulla luna.

Siamo in un paesino italiano nel 1969.
L’atmosfera che Luigi Garlando ha saputo creare è vera, la si può respirare.
L’abbiamo vista tante volte quell’Italia, nei racconti dei nonni, nelle vecchie fotografie.

L’Italia di Quando la luna ero io di Luigi Garlando è l’Italia dei piccoli borghi, dove il tempo è sospeso e ancora è rivolto all’indietro.
Quell’Italia le cui tradizioni sono importanti, e che ha un modo di vivere lento, non ancora fagocitato dall’imminente modernità.

E’ l’Italia di Nuovo Cinema Paradiso, o di Don Camillo e di mille altri film.

E’ un paesino dove si aspetta con ansia la sera della festa del Santo Patrono e l’albero della cuccagna.
Dove si guarda al nuovo con ammirazione, come fa il Che che si fa chiamare così in onore di Ernesto Che Guevara dal quale prende in prestito molte parole di lotta.
Dove tutti si conosco per nome.
Un paesino dove c’è posto per solidarietà e per ipocrisia, per condivisione e per dita puntate (a indicare o ad accusare).

La protagonista è una bambina che vive con la nonna, che però non vuole farsi chiamare nonna, si fa chiamare semplicemente Rebecca.
Vivono nella tenuta detta La Bruciata, dove si produce vino, dove gli uomini vengono fulminati e dove le donne non sanno morire.
E’ proprio vero: nessuna delle donne della tenuta ha mai avuto la gioia di invecchiare accanto al proprio sposo.
Fulmini, incendi, incidenti…il fuoco si è sempre abbattuto sui poveri uomini, condannano le donne ad essere tacitamente additate come streghe.

Ma dal resto ogni paese ha la sua strega.

Rebecca ad esempio è una nonna poco tradizionale: guida una motocicletta, vive in pantaloni corti, è appassionata di scienza e spazio e fa di tutto per coinvolgere i suoi compaesani a seguire lo sbarco sulla luna.

Con buona pace del prete del paese, che invece vuole conservare il suo pubblico per la processione del santo Patrono. Che ovviamente avrà luogo la stessa sera dello sbarco sulla luna.

Per tutti i i giorni che precedono lo sbarco, e anche durante, aiutata da modellini da lei costruiti, Rebecca spiega a Libera e ai suoi amici cosa sta succedendo là nello Spazio.

I bambini poi corrono a giocare fingendosi i tre astronauti.
Libera invece finge di essere la luna e di voler essere conquistata.

La dimensione storica e sociale diventa improvvisamente un gioco:
“Facciamo che ero..”
Il più tradizionale dei giochi fatti dai bambini.

Quando la luna ero io di Luigi Garlando

I tre amici di fingono di essere Collins, Armstrong e Aldrin.
Litigano su chi di loro sia il più importante per poi capire che una squadra è importante in ogni suo aspetto.

Personalmente ho amato tantissimo le parole di Pio-Collins.
Preso in giro o compatito dagli amici perché Collins non mette piede sulla luna.
A lui non importa, lui sa che è una parte fondamentale dell’allunaggio, sarà lui che farà un tratto nello spazio solo per poi recuperare Armstrong e Aldrin. Pio dice:

Pensaci, Libera. Collins girerà con la sua navicella attorno alla luna e arriverà nel suo lato nascosto. Anquel punto, quando si troverà con la luna tra sè e la terra, non potrà comunicare. Non potrà mandare né ricevere messaggi. Per mezz’ora resterà solo con se stesso. Una solitudine assoluta, totale, che nessun uomo ha mai sperimentato sulla terra in tanti millenni di storia […] Una solitudine spettacolare! Solamente Adamo deve aver provato qualcosa del genere, prima che inventassero Eva.

Quando la luna ero io di Luigi Garlando è un libro che può essere letto da due generazioni.
Quella dei nipoti e quella dei nonni.

La dimensione del gioco, della scoperta, del racconto di un fatto epocale e affascinante, lo rende perfetto per il pubblico giovane di oggi.

I continui riferimenti alla politica del 1969, alle contestazioni, alla musica dei Beatles, ai figli dei fiori, a Papalla, Carmencita e al Lanciere Bianco smuovono la memoria dei nonni che hanno vissuto l’epoca della tv e di Carosello e della contestazione giovanile.

Smuovono la memoria di tutte quelle persone che di quella notte dei 1969, se ci fate caso, dicono tutti la stessa cosa: “Quella notte me la ricordo: eravamo tutti incollati alla televisione”.

Luigi Garlando ha preso un pezzo di storia d’Italia che racchiude in sé storia del costume e della società, storia della pubblicità e storia contemporanea, musica e stile di vita e lo ha portato in dono ai bambini di oggi.

Quando la luna ero io di Luigi Garlando è un bellissimo libro, che può essere letto da tutti e che a scuola può conoscere molte attività collaterali.

Cosa si può fare con Quando la luna ero io di Luigi Garlando?

Leggere questo libro con i nonni.
Oppure leggerlo a scuola, capire la portata epocale di quelle immagini, parlare di televisione, di spazio, di scienza.
Guardare il filmato originale, simulando “quella notte”.
Leggerlo senza dimenticare cosa significhi essere bambini.
Scoprire che coloro che erano bambini allora, avevano eroi e cartoni animati e giochi preferiti.
Lavoro sul concetto di documentazione e ricerca storica.
Interviste ai nonni e a tutti coloro che “quella notte” c’erano, imparando a fare ricerca nel modo migliore: ascoltando storie.

Questo libro è in parte celebrazione di un fatto epocale della nostra storia, e in parte un modo per strizzare l’occhiolino al pubblico di adulti che veicola i libri per ragazzi ai ragazzi.
Una versione differente del buon marketing della nostalgia di cui vi parlavo qui.

Quando la luna ero io di Luigi Garlando lo farei leggere agli adulti, e lo adotterei per un gruppo di lettura tra adulti per parlare di sogni, di passato, di tradizioni, di storia del nostro paese.

 

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