Una piccola libreria a Parigi biblioterapia Stefania Ciocca

Una piccola libreria a Parigi

Ciò di cui scriverò a proposito di Una piccola libreria a Parigi non è una vera e propria recensione.

Mi piacerebbe fornire degli spunti che, a partire da Una piccola libreria a Parigi, possono guidare esperienze di gruppi di lettura e discussione intorno al libro.

Ma soprattutto di avviare un progetto che includa Una piccola libreria a Parigi in un percorso di biblioterapia.

 

Una piccola libreria a Parigi è un romanzo che potremmo definire rosa. l’autrice è Nina Georg e l’editore è Pickwick.
Si tratta infatti di una romanzo per adulti, non di un romanzo per ragazzi come trovate qui su questi schermi.

Cercherò di fare un breve riassunto e non mancherò di esprimere un mio giudizio, poiché ci sono stati elementi nella trama che non mi hanno convinta del tutto.

Quel che però fa pendere la bilancia del giudizio positivo risiede senza dubbio in molti passaggi del libro che possono:

  • Far riflettere sulla propria condizione, generale e momentanea
  • Una condizione che può toccarci a qualsiasi età, sia in un momento di stallo lavorativo, sia in un momento di aridità sentimentale
  • Apre riflessioni su noi stessi come lettori di libri e, quindi, come lettori di persone e di personalità, in particolare della nostra, perché è innegabile quanto il lettore cerchi sé stesso nei libri
  • E’ un libro che parte da una situazione di dolore per permettere al protagonista (e al lettore) di smarrire i punti di riferimento, di viaggiare, di trovarne di nuovi e quindi di aprirsi al nuovo.

Di che cosa parla Una piccola libreria a Parigi

Cominciamo con una nota dolente: il titolo non rispetta appieno la promessa, infatti il titolo originale (il libro è stato tradotto dal tedesco da Valentina Rancati) è Das Lavendelzimmer.
La camera di lavanda.

Quindi Una piccola libreria a Parigi, nelle sue intenzioni italiane, si vorrebbe collocare in quella serie di romanzi ambientati in libreria e squisitamente parigini, un po’ alla Nicolas Barreau.

Effettivamente prende il via a Parigi, dove il protagonista Jean Perdu, libraio cinquantenne, gestisce la Farmacia Letteraria, una libreria ricavata da una chiatta sulla Senna.

Jean Perdu, nomen omen, ha perduto la voglia di amare 20 anni prima, quando la donna della sua vita lo lasciò.
Da allora il suo cuore è inaridito, lui ha condotto una vita monotona, solitaria, rifuggendo il pensiero di quella che era stata la pienezza della vita con Manon.

Un giorno nel suo palazzo arriva Catherine, appena separata e rimasta senza nulla. Perdu le fa dono di un suo mobile nel quale la donna ritrova una vecchia lettera.

E’ una lettera scritta da Manon vent’anni prima, nella quale Perdu pensava ci fossero le ultime parole con cui l’amata avrebbe abbandonato il suo uomo e per questo si era sempre rifiutato di leggerla.
La lettura di questa lettera dà il via alla vicenda di Una piccola libreria a Parigi, quando Perdu scopre che nella lettera Manon confessava di essere ormai allo stadio terminale di una grave malattia.

La donna amata da Perdu, viva ancora nella sua mente e come un dolore, è morta da ormai vent’anni.

Tra disperazione e rabbia verso sè stesso, Jean Perdu decide che la sua libreria non deve più restare sulla Senna: molla gli ormeggi e viaggia verso Sud, dove Manon ha vissuto i suoi ultimi giorni.

Ovviamente questo viaggio, reale e metaforico, ricalca un po’ il viaggio dell’eroe: Perdu non è solo e si accompagnerà a bizzarri personaggi, ciascuno acciaccato dalla vita e ognuno alla ricerca di qualcuno o di qualcosa che si può solo chiamare amore.

Al di là della vicenda umana e sentimentale, i veri punti di forza di Una piccola libreria a Parigi risiedono in molti dei passaggi del libro che permettono a chi legge di identificarsi.

Una delle grandi possibilità della lettura è quella di trovare le parole che spesso non riusciamo a formulare.

La funzione della biblioterapia è infatti anche questa: dare forma a un discorso interiore che non riusciamo a enunciare.

Estratti da Una piccola libreria a Parigi

Ecco qualche brano tratto dal libro, qualche highlights che può farvi capire quanto un utilizzo di questo libro possa aprire grandi conversazioni intorno ai temi dell’amore, della paura, della mancanza di una prospettiva affettiva, del rimpianto.

Ci tengo a sottolineare come Una piccola libreria a Parigi contenga in sé il concetto di Farmacia Letteraria, poi ripreso anche in editoria dal libro Curarsi con i libri di Sellerio e nella vita reale con la Piccola Farmacia Letteria, libreria fiorentina molto molto simile alla chiatta sulla Senna di Jean Perdu.

E non a caso lo stesso Jean Perdu compila una Enciclopedia che raccoglie i libri da somministrare/somministrarsi per ogni malanno dell’anima (ricordo che Una piccola libreria a Parigi è del 2013, ndr).

volevo dedicarmi a quegli stati dell’animo che non hanno lo status di malattia e che i dottori non degnano di attenzione.

tutte queste timide emozioni, i moti interiori, a cui nessun terapeuta si interessa perchè probabilmente troppo piccoli e incomprensibili.

ciò che proviamo quando l’estate finisce di nuovo.
O quando capiamo di non avere più tutta la vita davanti per potere trovare il nostro posto nel mondo.

I libri considerati come medicamento dell’animo sono un topos che ricorre nella vita di ogni lettore, con buona pace delle più scientifiche e rigide definizioni della biblioterapia in senso stretto (quella condotta da un medico).

E tuttavia, sono proprio i continui rimandi al mondo dei libri e delle emozioni a costituire un bel corpus di metafore e di rimandi interessanti su cui riflettere.

Certamente che risuonano più facilmente nell’animo di un lettore che non in quello di un lettore occasionale.

i libri sono come le persone. le persone sono come i libri […] mi chiedo: lui o lei sono i protagonisti della propria vita?qual è la loro ragione? sono forse solo personaggi secondari della loro storia? il loro ruolo è stato ridimensionato perché il partner, il lavoro, i figli hanno divorato il resto del romanzo?

Domande, quelle che pone Jean Perdu, per nulla scontate e che se rivolte a noi stessi o in un gruppo di biblioterapia condotto da un facilitatore, possono accendere a discussione profonde.
Anche difficili.

Spesso non siamo noi a plasmare le parole, ma sono le parole che usiamo con più frequenza a plasmare noi.

Il ruolo delle parole, contenute nei preziosi libri così come sono contenute dalle persone. Parole dette e non dette e parole che in un modo subdolo ci plasmano grazie alla mano di quel terribile scultore che è la paura.

la paura cambia il corpo come uno scultore incapace trasforma una pietra perfetta […] solo che la paura scolpisce dall’interno e nessuno vede quanti frammenti e strati ti toglie. Diventi sempre più sottile e instabile fino a quando la minima emozione ti fa crollare.

Però la paura ha mille volti e i protagonisti di Una piccola libreria a Parigi conoscono tanti tipi di paure.
Che comunque, non eliminano la possibilità.

Era come se fosse passato attraverso la porta della paura e con stupore avesse constatato che lì dietro non lo aspettavano un precipizio ma altre porte, corridoi luminosi e stanze accoglienti.

Ed ecco qualche altra frase sparsa tratta da Una piccola libreria a Parigi. Il libro ne è davvero ricco, per questo invito alla lettura.
Frasi e concetti che apparentemente possono sembrare banali come l’acqua calda, ma quanto è piacevole la banalità di una doccia calda alla fine di una giornata faticosa?

Non sottovalutiamo la semplicità, che è un’interpretazione positiva di ciò che è banale.

Ho imparato che le relazioni migliori sono quelle chiare come l’acqua. quando le cose difficili vengono dette ad alta voce perdono il loro potenziale nocivo.

 

L’abitudine è una dea pericolosa e vanesia. Non permette a nulla di distruggere il suo regno. Sopprime il bisogno del nuovo […] perchè per abitudine non riflettiamo più se vogliamo davvero ciò che viviamo.

 

Il corpo si ricorda di ciò che ha percepito di una persona meglio di quanto la nostra testa si ricordi di ciò che ci ha detto.

 

lo sai che fra la fine e il nuovo inizio c’è un mondo in mezzo? è il tempo ferito, è una palude dove si raccolgono sogni, paure e intenzioni perdute. i passi in questo tempo si fanno più pesanti. non sottovalutare questa stazione di passaggio fra la fine e il nuovo inizio…

Insomma, 360 pagine di una trama forse non delle più credibili, ma sicuramente pagine di grande ricchezza emotiva.

Ed ecco quali sono stati i punti della trama, esclusivamente della trama, che non mi hanno convinta come lettrice.
Opinioni assolutamente personali.

Cosa non mi ha convinta di Una piccola libreria a Parigi (divagazioni personali inutili ai fini dell’utilizzo biblioterapeutico)

Non sono un’amante del genere “rosa”: le storie di amore, di quell’amore tormentato e che vive solo per sé stesso con un’intensità che non lascia spazio ad altro, semplicemente mi annoiano.

L’incipit del romanzo Eureka Street dice che tutte le storie sono storie d’amore.
Sì, ma spesso sono storie di vita, di cui l’amore fa parte.
I libri in cui esiste solo l’amore…mi annoiano!

Altro punto decisamente personale: la sostenibilità di una libreria/chiatta a Parigi che vive solo delle vendite del libro in quanto rimedio dell’animo mi lascia perplessa.
Soprattutto nel momento in cui Perdu sgancia la chiatta e si avvia verso la Provenza: è i rifornimenti? E le consegne? E come fa i pagamenti? Come si sostiene l’attività?

Mi spiace, il mio disincanto unito alla conoscenza della professione mi fanno da barriera in una possibile immedesimazione.

Per lo stesso motivo, per tutta la lettura, continuo a domandarmi: “Ma questi di cosa vivono? Da dove prendono i loro soldi? Come lo pagano l’affitto dell’appartamento a Parigi prima, e della bellissima casetta nel mare del Sud dopo? Ma le bollette non le hanno?

Lo so, cinismo puro.

E infine, riesce difficile fare quel salto della fede letteraria e prendere per buono  e probabile il percorso fatto da Jean Perdu.
Non tanto il percorso umano:quello, ed è ciò che conta ai fini della biblioterapia, è credibile.
Quello composto dagli incontri umani.
Improbabile.

Mi rendo conto che sono tutti punti negativi per me, che come lettrice credo ad altro.
Non sono una lettrice realista, ma quando mi presentano qualcosa, anche di fantastico, deve risultare credibile.

Il binario 9 e 3/4, nella sua illusoria e fantastica esistenza, risulta credibile.

Al di là di queste mie opinioni personali, ribadisco quanto Una piccola libreria a Parigi sia ricca di spunti letterari e di discussione molto interessanti.

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